A.C. 1524-A
Signor Presidente, colleghi, il bullismo è un fenomeno che ci riguarda tutti da vicino, coinvolge direttamente tanti nostri ragazzi ogni giorno, molti di loro purtroppo, come sappiamo, per le aggressioni, le violenze, le minacce e le sopraffazioni di cui sono vittime subiscono effetti e conseguenze a volte tragici. Per avere consapevolezza piena della diffusione di questo fenomeno basta guardare ai dati di alcune statistiche: l'Istat - è stato detto - nel 2014 ha fatto una rilevazione specifica intervistando i ragazzi tra gli 11 e i 17 anni, e l'esito è stato drammatico, perché il 50 per cento di quei ragazzi ha dichiarato di aver subito nell'anno precedente soprusi e atti di prepotenza da parte di coetanei.
Il fatto grave è che, purtroppo, non siamo di fronte ad un ridimensionamento del fenomeno, ma, al contrario, assistiamo ad una sua continua evoluzione, soprattutto grazie all'utilizzo spropositato delle nuove tecnologie, come il web, gli smartphone, e ancora più pericolosi sono gli atti di sopraffazione perpetrati per via telematica, perché non c'è il contatto diretto tra l'aggressore e la vittima, perché l'atto di bullismo rischia di rimanere in rete e di moltiplicare in questo modo la sua diffusione. Per contrastare questo fenomeno c'è bisogno allora di una risposta corale, di tutte le istituzioni. È necessario agire in stretta cooperazione famiglie, scuole, parrocchie, associazioni di volontariato, forze dell'ordine, tribunale dei minori, perché soltanto così la risposta può essere efficace. E sarebbe anche utile che su questa legge ci fosse una larga condivisione in Parlamento, lo voglio dire. Anche per questa ragione riteniamo forse sbagliati alcuni toni eccessivi usati da parte di qualche collega durante la discussione generale ma anche nel corso della discussione sugli emendamenti, perché credo sia giusto fare l'opposizione, ma non è detto che si debbano usare sempre e comunque toni esagerati soltanto perché si è all'opposizione. Io invece credo che lo sforzo fatto dalla maggioranza dopo le tante audizioni meritava forse un approccio più equilibrato, perché penso che noi stiamo approvando un'ottima legge, che tiene assieme le giuste esigenze repressive con quelle altrettanto importanti di prevenzione ed educazione, anche perché sappiamo - lo sappiamo bene - che, nei confronti dei minori, le misure repressive non sono sufficienti e molto spesso servono a poco, specie se i comportamenti che poi determinano il reato sono frutto di contesti familiari molto difficili.
Il primo problema che ci siamo posti è stato prevedere una nuova fattispecie di reato, il bullismo? Noi abbiamo scelto di non seguire questa strada. Nel nostro ordinamento sono disciplinati, secondo me, in modo esagerato, già troppe ipotesi di reato, e questo spesso genera confusione, anche difficoltà interpretative. Noi abbiamo scelto un'altra strada: abbiamo scelto di intervenire sul delitto degli atti persecutori, quelli previsti dall'articolo 612-bis del codice penale, prevedendo anche la punibilità del reato che dovesse spingere, indurre la vittima verso una condizione di emarginazione, perché, infatti, lo abbiamo colto anche ascoltando tutto ciò che è emerso nel corso delle audizioni, l'emarginazione è tra le cause principali che determinano la configurabilità del reato di bullismo. Siamo, infatti, di fronte ad un reato di bullismo - e la differenza non è sottile - se la sopraffazione o gli atti persecutori determinano una condizione di emarginazione della vittima, e aggiungiamo noi in questa legge l'aggravante del reato commesso da più persone, che è l'altro elemento molto frequente per configurare un'ipotesi di reato di bullismo. Abbiamo fatto dunque una scelta oculata, per evitare di fare errori o comunque di avventurarci su un terreno che era già stato solcato con le pronunce di questi anni della Corte di cassazione, diventate poi giurisprudenza.
Noi abbiamo scelto con questa legge di completare un percorso che abbiamo cominciato già nella scorsa legislatura, con la legge n. 71 del 2017, anche perché pensiamo che il bullismo e il cyberbullismo siano fenomeni strettamente legati tra di loro e sarebbe stato un errore disciplinare in due contesti normativi differenti due fenomeni che invece sono strettamente connessi tra di loro e la legge del 2017 è stata largamente condivisa: sarebbe stato dunque un errore non averla come riferimento per contrastare anche i fenomeni di bullismo.
Qualche gruppo poi aveva chiesto legittimamente che si arrivasse ad una definizione puntuale di bullismo. Voglio dirlo questo, voglio dire con chiarezza che non è escluso che si possa anche arrivare ad una definizione puntuale del fenomeno nel corso dell'iter parlamentare della legge: la legge dovrà essere ancora approvata al Senato; ma noi qui abbiamo preferito non avventurarci in una nuova definizione, ritenendo sufficiente la definizione prevista per il cyberbullismo, e abbiamo semplicemente detto che tutto ciò che serve per prefigurare già il reato di cyberbullismo vale anche per il bullismo, quando i reati non dovessero verificarsi per via telematica. La definizione di cyberbullismo ci è parsa scritta molto bene: quando una cosa è scritta bene è sbagliato modificarla soltanto perché dobbiamo modificarla.
In questa legge poi interveniamo sulle misure amministrative, anche queste oggetto di dibattito, anche acceso, nel corso della discussione sugli emendamenti. Misure amministrative che sono di competenza del tribunale dei minorenni: siamo intervenuti, integrando e migliorando, lo voglio dire sottolineandolo, un quadro normativo ormai vecchio, perché la legge di riferimento è degli anni Trenta e poi modificata negli anni Cinquanta; ma, per quanto ci riguarda, a differenza di quello che pensano altri, per noi il tribunale dei minorenni continua ad essere ancora un prezioso strumento di intervento sui fenomeni del disagio e del disadattamento minorile. Ed abbiamo recepito quanto è stato detto in audizione per esempio dal procuratore del tribunale dei minorenni di Milano, introducendo una serie di modifiche puntuali alla disciplina vigente: ci sono adesso più garanzie per i minori e per le famiglie, che prima non c'erano, ci sono stati passi in avanti molto importanti che cambiano appunto le norme degli anni Trenta e degli anni Cinquanta, perché allarghiamo il raggio d'intervento della materia, perché il tribunale può intervenire quando ci sono condotte aggressive anche in gruppo, è previsto l'affidamento ai servizi sociali o il collocamento in una casa di rieducazione, c'è la possibilità dell'assistenza legale, si rafforza il rapporto con i genitori.
Tutte queste cose - e concludo - noi le facciamo per completare un apparato e una disciplina che meritavano di essere integrati e modificati: non abbiamo l'ambizione di aver scritto la norma perfetta, ma abbiamo la coscienza di aver fatto sicuramente un buon lavoro, che va nella direzione giusta per combattere e contrastare fenomeni così diffusi e così pericolosi per la nostra società, ma soprattutto per i nostri ragazzi.